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“Quali sono le zone oscure dell’educazione?
Quali elementi ci sono nell’ educazione e nella
pedagogia che, se non vengono valutati, portano l‘azione educativa ad essere
“pericolosa” per chi educa e chi è educato?
Chi sono i cattivi maestri?
Oppure la pedagogia può come disciplina, citando Marguerite Yourcenar, saper guardare nel buio con disobbedienza, ottimismo e avventatezza e scoprire strade inusitate?” by #pedagogicalert
Chi sono i cattivi maestri?
Oppure la pedagogia può come disciplina, citando Marguerite Yourcenar, saper guardare nel buio con disobbedienza, ottimismo e avventatezza e scoprire strade inusitate?” by #pedagogicalert
Quali sono le
zone oscure dell’educazione?
1- Ultimamente la cosa
più oscura che trovo nella educazione è l’educatore.
2 - Alle volte quello che
appare più prossimo e lampante, all’educatore, invece, risulta stranamente
oscuro e invisibile.
3 – Il problema
dell’educazione sta nel sostantivo. Dovrebbe essere solo un verbo e non un
sostantivo. Non dovrebbe esistere il sostantivo educatore ma solo il verbo
educare. (In ambiente anglofono, se non erro, il sostantivo educatore non
esiste).
4 - Il problema
dell’educazione è nato quando ne hanno fatto una professione.
Cosa, se non
viene valutato, rende pericolosa l’educazione?
5- L’educazione è
pericolosa quando la valutazione precede la verifica. Così come quando si
giudica un film senza averlo guardato (mio
fratello è figlio unico perché […]non ha mai criticato un film
senza prima vederlo. R.Gaetano).
6 - Quando si affronta un
problema educativo bisogna sempre tornare a guardare in basso, alla base, per
poter lanciare lo sguardo poco oltre. Quando lo sguardo mira lontano rischiamo
di non essere più nel campo educativo.
Cattivi maestri
7 - Un cattivo maestro è chi sottrae la fatica
invece di aiutare ad affrontarla perché è il primo che quella fatica non vuole
sopportarla.
8 - I cattivi maestri
sono coloro che invece di voler affrontare un problema lo vogliono risolvere.
9 - I cattivi maestri
sono coloro che vanno a caccia di problemi al costo di inventarseli. Ad
esempio: se mio figlio non ha un problema non mi sto prendendo cura di lui.
10 - I cattivi maestri
sono coloro che se non riescono ad affrontare un problema allora lo sminuiscono
e non lo considerano.
11 - I cattivi maestri
sono coloro che riescono solo a dire che c’è un problema. Non conoscono altre
parole, quale fatica, difficoltà, ostacolo, vincolo, fuga etc.
12 - L’educatore si è
costruito una identità sulla caccia al problema. Per lui se non c’è problema
non c’è movimento.
Guardare nel
buio
13- Piuttosto che pensare
all’educazione come ad una fiaccola che illumina ed apre lo sguardo preferisco
pensare all’utilità di una lente che metta a fuoco e circoscriva il campo.
14 - L’educatore dovrebbe
sapere che la sua condizione più autentica non è la conoscenza ma il buio. Brancolare
nel buio aiuta di più a percepire la necessità di cercare un aiuto più di
quanto lo permetta la supposizione.
Nota al troppo criptico
aforismi n°3 e n°4–
Il problema dell’educazione sta nel sostantivo
Il problema
dell’educazione non sta nel verbo ma nel sostantivo derivato.
L’educatore è un
sostantivo prodotto per derivazione dal verbo educare: quando si dice che le
parole alle volte possono far danni.
L’azione dell’educatore
si può esprimere pienamente anche con un sol verbo: educare. Ma se questo non
bastasse a far comprendere di che azione si tratta si possono utilizzare altri
verbi, più prosaiche spiegazioni o diverse ed illimitate declinazioni. Allo
stesso modo qualsiasi valida parafrasi utile a spiegare il sostantivo educatore
vale anche per il verbo da cui è derivato: educare.
L’educatore cosa fa? Semplice:
educa. Questo è un fatto. Anzi una premessa - nonché una tautologia.
Al converso accade in
altre professioni; ad esempio per
spiegare l’azione dell’idraulico non esiste un sol verbo ma è sempre necessario
ricorrere ad una pluralità di verbi.
Questo per il sol fatto
che educatore è un sostantivo derivato (per conversione) dal verbo educare al
contrario del sostantivo “idraulico”.
Anche il mestiere di
maestro non ha un verbo unico capace di assolve esaustivamente la significazione
del suo lavoro. Nessuno direbbe che il
maestro maestra né esiste il verbo maestrare (esistono semmai derivati dal
sostantivo: le maestranze o il verbo stesso ammaestrare, il cui suffisso “ad”
orienta l’intero sostantivo allo - ad, appunto - scopo)
La sostantivazione del
verbo educare ha generato l’equivoco più grosso che ha fatto credere che l’educatore sia una professione autonoma in
grado di bastare a se stessa.
Caso strano, perché il
verbo educare può essere associato a tanti sostantivi al contrario del
sostantivo “educatore” che esaurisce la sua azione nel verbo educare: l’educatore
educa, ma anche il genitore - tra le tante azioni che svolge – educa; così come
accade all’insegnante, al tutore, financo al ladro, al giudice ed addirittura all'architetto
(e a mille altri sostantivi ancora).
Forse, se l’educatore si
considerasse meno assoluto e più relativo, scoprirebbe che il buio è la sua
vocazione, l’aspecificità, l’assenza di una determinazione diretta. In sé l’educatore
brancola e deve brancolare nel buio. A differenza di altre professioni, l’educatore
lavora solo se fa qualcosa, se prende parte ad una azione, se aderisce ad una
mansione o ad una professione che può agire educazione. In sé, invece, in
quanto educatore non può educare.
Non è un caso che la
parola più amata dall’educatore è “la dimensione relazionale”; la relazione (di
nuovo un sostantivo aspecifico) è il moloch salvavita dell’educatore. Peccato
che la relazione in sé non è nulla, e quindi, di nuovo la relazione diventa
significativa quando diventa relazione-educativa. Credendo così che due
sostantivi che da soli non sono in grado di specificare nulla di ciò che
vorrebbero descrivere, quando sono messi assieme e in sequenza, per l’educatore,
assurgono ad un significato profondo, complesso e professionale.
L’educatore dovrebbe
chiedere più aiuto alle altre professioni, con umiltà, forte delle domande e
non delle risposte che può portare.
Non è un caso che non
esiste il mestiere di educatore ma esistono tanti mestieri educativi. Come
diceva il Maestro, l’educatore si riesce a spiegare solo se associato al
contesto in cui esprime la sua azione: infatti esiste l’educatore con disabili,
l’educatore con anziani, l’educatore con minori. Professioni che sostanzialmente
sono assai diverse l’una dall'altra: spesso non hanno in comune quasi nulla,
non condividono le stesse basi, assunti, regole, normative; lavorano su mandati
completamente diversi e con modalità completamente differenti. Si pensi come cambia
la relazione educativa tra l’educatore Giovanni e il minore Amedeo. Se Amedeo è
un adolescente in un centro di Aggregazione Giovanile avremo una relazione completamente diversa con un
Amedeo soggetto ad una messa alla prova o con un Amedeo disabile o con il
povero Amedeo minore maltrattato. Stesso ragazzo, stessa età ma storie ed appartenenze
esistenziali completamente diverse. Il paradosso non si ferma qui se pensiamo
che i diversi genitori di tutti quegli Amedei, invece, condivideranno molte più
cose di tutti gli educatori dei diversi Amedei.
Un educatore con 30 anni
di esperienza in un campo (ad esempio i disabili) dovesse un giorno entrare in
una comunità per minori sarebbe poco meno di un dilettante.
Il problema
dell’educazione è nato quando ne hanno fatto oltre che un sostantivo, una professione.